Ricordo che mi hai parlato di un romanzo
dove qualcuno cerca un uomo saggio
che gli dice che le alternative escludono,
che per ogni sì deve esserci un no.
Da “La cura Schopenhauer” di Irvin Yalom
Ci sono libri che vale la pena di leggere sempre e di rileggere poi a brani per la pulizia dello stile, l’onestà dei contenuti, la chiarezza dei pensieri.
Sono libri che passano i secoli e non sono legati alle estemporanee mode del momento, a occasioni del presente o a uno stile eccessivamente contestualizzato.
Così è ad esempio per Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar dove l’imperatore dal punto di prospettiva dell’imminenza della fine si volta a guardare, con occhi limpidi e puliti, la propria vita e la giudica per quello che è stata, con severità a tratti, con benevolenza per altri tratti, con schiettezza sempre.
Credo che Irvin Yalom avesse ben presente il capolavoro di Marguerite quando ha scritto il suo La cura Schopenhauer.
Il libro infatti prende le mosse dalla scoperta del protagonista di avere un melanoma e un anno di vita ancora dinanzi.
E’ un medico psichiatra e non può ingannarsi sulla prognosi né desidera farlo: la verità è nuda e cruda dinanzi ai suoi occhi e ha la forma di un neo maledetto che non lascia scampo a speranze infondate.
E’ un terapeuta di gruppo e aiuta i suoi pazienti a vedere con nettezza le loro personali verità e a scoprire i mielleeuno tentativi di negarla distorcerla velarla diminuirla o ingrandirla, insomma con una parola ingannarsi rispetto ad essa e deresponsabilizzarsi.
La decisione del medico è di vivere questo ultimo anno come i precedenti poiché questa è la vita che ha scelto e scelto consapevolemente, portando avanti il lavoro iniziato col suo gruppo e accompagnandolo allo scioglimento, ma cercando anche di comprendere se nel suo passato ci sono casi –persone- che non ha aiutato e avrebbe potuto aiutare.
La domanda è sui fallimenti del lavoro e non sulla gloria dei successi, sui casi che non si pubblicano e rimangono silenziosi e abbandonati nei cassetti e non su quelli di cui si parla coi colleghi o si scrive nelle riviste specializzate.
La memoria lo porta subito ad uno; la brevità del tempo che gli spetta lo induce a ricontattarlo e ad andare a fondo anche di questo non riuscito incontro.
Il terapeuta invita l’ex paziente a fare parte del gruppo.
Una parte di verità che ancora dormiva nel cuore del giovane psichiatra ora finalmente riconosciuta accettata e perdonata a sè potrà forse essere d’aiuto all’antipatico uomo perverso e seriale che lo aveva contattato tanti anni prima e a cui non era stato di nessun soccorso.
Occorreva forse alla terapia perchè fosse una vera terapia un riconoscersi e non solo un conoscersi, seppure molto più doloroso da parte di entrambi, più autentico e compromettente .
La filosofia aveva salvato il giovane uomo poi da un destino di depravazione e violenza, la depravazione e la violenza che ogni mancanza di rispetto per il prossimo comporta e curato laddove l’analisi personale non era riuscita.
L’ex paziente accetta di far parte del gruppo nella convinzione di poter condurre alla filosofia e guarire con il pensiero di Schopenhauer coloro che all’anziano dottore si sono rivolti per vivere un’esperienza di relazione che cambi nel profondo il modo di rapportarsi agli altri e di vedere e raccontare la propria vita.
Si snodano così i capitoli: uno sulla seduta del gruppo e i vari interventi emozioni e pensieri, uno sulla biografia del filosofo e il suo pensiero, alternandosi.
Apparentemente è uno scontro, è un incontro invece alla fine reso possibile più dalla speranza dalla pazienza dall’interrogarsi e dalla fiducia dello psichiatra che dall’odio dalla disperazione dalla solitudine autarchica e dalle cieche risposte del non più giovanissimo ma ancora molto scostante e presuntuoso paziente.
In ultimo- si vedrà- è un lascito d’amore.
E’ raccontato con acutezza e profondità il dibattersi conflittuale dei vari sentimenti nell’animo dei partecipanti: la difficoltà di comprendere e vivere in modo diverso un rapporto con qualcuno tanto distante da chi disperatamente chiede aiuto e disperatamente vorrebbe aiuto, al netto di ogni resistenza.
E’ un libro accattivante che cattura forse di più l’interesse di quanti hanno a che fare con il mondo psichico –terapeuti, pazienti- che altri, a momenti forse troppo preciso, pedante e lungo, ma che vale la pena leggere e ripensare.
Rimane nel cuore l’immagine del terapeuta che vive proprio come avrebbe voluto vivere –e quanti di noi potrebbero dirlo?- e che dinanzi alla fine accetta di denudare anche gli ultimi brandelli di verità nascosta a sé e agli altri per essere ancora più onesto e di cura per i propri pazienti, con minore ortodossia certo, con maggiore umanità sicuro.