Noi

da Oceano Mare

Come glielo dici, ad una donna così, che tu vorresti salvarti, e ancora di più vorresti salvare lei con te, e non fare altro che salvarla, e salvarti, tutta una vita, ma non si può, ognuno ha il suo viaggio da fare, e tra le braccia di una donna si finisce facendo strade contorte, che neanche tanto capisci tu, e al momento buono non le puoi raccontare, non hai le parole per farlo, parole che ci stiano bene lì, tra quei baci e sulla pelle, parole giuste, non ce n’è, hai un bel cercarle in quel che sei e in quel che hai sentito, non le trovi, hanno sempre una musica sbagliata, è la musica che gli manca lì, tra quei baci e sulla pelle, è una questione di musica.
Così poi dici qualcosa, ma è una miseria.

Baricco

__________________________________________

 

da Chi ha fatto il turno di notte

Quei due abbracciati
sulla riva del Reno a Gothlieben
potevamo essere anche tu ed io,
ma noi due non passeggeremo più
su nessuna riva abbracciati.

Vieni, passeggiamo
almeno in questa poesia.

Izet Sarajlic

__________________________________________

 

da Il bacio della Medusa

Le coppie felici non hanno storia. L’opinione dell’uomo comune coincide con quella del romanziere spocchioso. Visti da lontano gli innamorati sembrano tutti uguali: immeschiniti dalla tenerezza, infoiati dalla passione, banali, prevedibili, ripetitivi, individui risucchiati dalla specie.
In realtà anche le coppie felici hanno una storia interessante (o, forse, solo, una storia): ma occulta, invisibile.
Il fiume del sentimento corrisposto s’inabissa nelle doline carsiche per proseguire la sua corsa sottoterra, nelle pieghe sotterranee di un quotidiano condiviso, nei piccoli gesti che non fanno altro che rivelare una sola cosa: la presenza tantalica, sisifica, dell’altro.
Si sono moltiplicati, riuniti a comporre una figura nuova, teriomorfa, un corpo e quattro teste: la loro identità nuova e le loro proiezioni reciproche.

Melania Gaia Mazzucco

__________________________________________

 

da Noi siamo infinito

Sam: “Perché io e quelli che amo scegliamo persone che ci trattano come fossimo nulla?”
Charlie: “Accettiamo l’amore che pensiamo di meritare!”

“Non possiamo scegliere da dove veniamo ma possiamo decidere dove andiamo, da lì in poi…”
“Io lo so chi sei Sam. Lo so che sto sempre zitto, e lo so che dovrei parlare di più, ma se vedessi le cose che c’erano nella mia testa la maggior parte del tempo, sapresti quello che ho provato. E quanto ci assomigliamo e che abbiamo sofferto le stesse cose. E tu non sei piccola… tu… sei bellissima”.

“Benvenuto sull’isola dei giocattoli difettosi”.

“Perchè io so che ci sono persone che dicono che queste cose non esistono, e che ci sono persone che quando compiono diciassette anni dimenticano com’è averne sedici; so che un giorno queste diventeranno delle storie e le immagini diventeranno vecchie fotografie, e noi diventeremo il padre o la madre di qualcuno, ma qui, adesso, questi momenti non sono storie, questo sta succedendo, io sono qui, e sto guardando lei… ed è bellissima.
Ora lo vedo: il momento in cui sai di non essere una storia triste, sei vivo, e ti alzi in piedi, e vedi la luce dei palazzi, e tutto quello che ti fa stare a bocca aperta.
E senti quella canzone, su quella strada, insieme alle persone a cui vuoi più bene al mondo, e in questo momento, te lo giuro, noi siamo infinito!”

“In questo momento, siamo vivi. E, ve lo giuro, in questo momento noi siamo infinito”

Stephen Chbosky

__________________________________________

 

 da I giardini dei popoli sotto le onde

Piangevo, ancora nella gioia di sentirti, perchè eri tutto ciò che il mio sogno aveva desiderato, dagli inizi.
Non c’erano mai stati altri incontri.
Eri esistito sempre solo tu.
In tutti i labirinti in cui avevo viaggiato, solo tu avevi viaggiato con me.
Solo tu avevi tenuto la mia mano, dove l’avevo deposta.
Nessun altro mi aveva toccato mai.
Nessun altro mi aveva guardata.
(…)
Perciò piangevo, e non smisi di piangere, ed ero disperata.
Ero così disperata che mi sentii di colpo con te e senza di te.
Sapevo che era così.
Ma si sa solo se si prova, se si sente.
E allora rinunciai a te, a una certa forma di te.
Rinunciai al sogno, a una certa forma del sogno.
Rinunciai al desiderio, a una certa forma del desiderio.
Rinunciai non a volerti, ne’ a desiderarti, ne’ tantomeno al sogno.
Non lo posso fare, perchè sono il sogno.
Né posso rinunciare alla realtà, perchè sono la realtà.
E noi siamo entrambi, entrambe.
Abbandonai me stessa, l’ego del sogno, l’ego del desiderio, l’ego proiettato in te.
Mi mettevo nuda di fronte al sogno, lasciando anche lui nudo.
Questo significa la rinuncia.
Non altro che essere in una speranza priva di speranza, o meglio disperata, di diversa speranza.
Era il solo modo che mi restava per rinforzare il mio sogno, e me e te.
Allora il pianto divenne più lieve.
Ma l’ultima lacrima, scendendo sul tuo viso, finì per destarti.

Rosita Copioli