▪ Invitation au voyage di Baudelaire
Un paesaggio nordico, il sole appannato dalla nebbia.
Stanze luminose, fiori, canali, commerci di spezie: lontano finalmente da un mondo sentito come malefico e corrotto…. questo è il viaggio sognato da Baudelaire. In un luogo attraversato da profumi sottili e suadenti, intriso di sensualità e bellezza…un luogo perfetto, e per questo perduto.
Invito al viaggio (Baudelaire)
Bimba mia, sorella,
pensa che gioia
andare a vivere laggiù, tu ed io!
Amare a sazietà,
amare e morire
in quel paese così simile a te!
I soli umidi
di quei cieli torbidi
racchiudono gli incanti
così misteriosi
dei tuoi occhi traditori,
quando brillano di lacrime!
Tutto laggiù è solo ordine e bellezza,
Lusso, calma e voluttà.
Mobili lucidi,
levigati dal tempo
nella nostra stanza;
i fiori più rari
e il loro profumo
mescolato a quello vago dell’ambra;
i ricchi soffitti,
i profondi specchi,
lo splendore orientale:
ogni cosa parlerà alla nostra anima
nella sua dolce lingua natia!
Tutto laggiù è solo ordine e bellezza,
Lusso, calma e voluttà.
Dormono
sui canali i bastimenti
dall’aria vagabonda:
sono arrivati
dai confini del mondo
Solo per saziare ogni tuo desiderio….
I soli al tramonto
coprono d’oro e giacinto
I campi, i canali,
tutta la città:
il mondo si addormenta
in una luce calda….
Tutto laggiù è solo ordine e bellezza,
Lusso, calma e voluttà.
▪ Larme di Rimbaud
In “Alchimia del verbo” Rimbaud presenta “Larme” con queste parole: “Scrivevo silenzi, notti, notavo l’inesprimibile, fissavo vertigini”.
Un temporale estivo scompiglia la pace di un paesaggio delle Ardenne – brullo, silenzioso e indolente – e lo trasforma in un luogo fradicio, esotico, allucinato.
La poesia di Rimbaud si fa suono liquido:
le lacrime, lo scorrere del ruscello, l’atto del bere, la pioggia, il ghiaccio che precipita dal cielo…
Ma in tutta questo mondo sempre più liquefatto, il pescatore d’oro e di conchiglie non riuscirà comunque a comprendere e spegnere la sua sete….
Lacrima (Rimbaud)
Lontano dagli uccelli, dai greggi, dalle contadine,
io bevevo, rannicchiato in una brughiera
circondata da una selva di noccioli leggera,
in una tiepida e verde foschia pomeridiana.
Che mai potevo bere in quella giovane Oise,
olmi senza voce, erba senza fiori, cielo coperto.
Cosa spillavo alla fiasca di colocasia?
forse un liquore d’oro, insipido, che fa sudare.
Cattiva insegna di osteria, sarei stato.
Poi il temporale mutò il cielo, fino a sera.
Ed ecco paesi neri, laghi, pertiche,
colonnati sotto la notte blu, stazioni.
L’acqua dei boschi si perdeva su sabbie vergini,
il vento, dal cielo, gettava ghiaccio sugli stagni…
E dire che, come un pescatore d’oro e di conchiglie,
non mi sono nemmeno preoccupato di bere!