La formazione continua

di Irene Malaspina

 

Cultura, viene dal latino còlere, che significa coltivare. Quando pensiamo alla necessità di una formazione continua, a cosa stiamo affidando il nostro intento?

 

Con “formazione continua” non individuiamo una necessità prescrittiva (anche se, senza dubbio, la sosteniamo), ma un atteggiamento di fondo che immagina la nostra mente come uno spazio che necessita di cura e dedizione continua per essere abitabile come luogo vitale. Riprendendo l’etimo del termine, immaginiamo lo psicoanalista come un giardiniere che si occupa di uno spazio interiore che sente come sacro, di cui egli solo è responsabile, in cui germineranno i suoi pensieri e in cui potrà incontrare l’altro. Lo pensiamo come un uomo della terra, che con atteggiamento umile (dal latino humilis che significa appunto “della terra”) e laborioso, si adoperera’ per vigilare costantemente affinché le erbacce non infestino le sue aiuole, che ogni pianta ed ogni fiore abbia ciò di cui ha bisogno, che vengano posti semi compatibili con il terreno che ha a disposizione, che si possa favorire natura secondo natura. Immaginiamo lo psicoanalista più come un artigiano, un contadino, che come un potente demiurgo che forgia doppi materiali da numinose idee abitanti nell’iperuranio. Lo immaginiamo chino sul quel terreno che è la sua personalità, mai completamente sgombra dalle pretese e dai bisogni insoddisfatti della propria infanzia, nell’atto senza fine di ridimensionare il suo Io Ideale, maturo a sufficienza da non essere obbligato ogni momento a confrontarsi con gli altri per vedere se funziona meglio o peggio dei suoi simili, libero di divenire e non obbligato ad aderire a forme note, che lo facciano sentire parte di una comunità fondata sulla ideologia.

 

Poter pensare ad un essere umano capace di fare ciò non è consegnarsi ad una visione da poco. Sappiamo bene, infatti, quanto il bisogno di esistere nella mente degli altri come dotati di un valore si insinui sottilmente e subdolamente nei nostri cuori e nelle nostre menti, anche quando cerchiamo di perseguire il più nobile degli obiettivi. La paura di non essere visti, amati, riconosciuti è così pervasiva e meccanica da inaridire, spesso, la sorgente individuativa che giace nelle profondità di noi.

 

Per questo offriamo ai nostri associati, oltre che stimoli di formazione che espandano e rafforzino l’introiezione delle determinanti di fondo di quel bacino docetico che è la psicoanalisi, anche momenti e spazi di confronto, che -usando mediatori immaginali, artistici ed espressivi-  sostengano la fatica di esistere oltre al perimetro del proprio paranoico e mercenario Io.

 

La speranza è quella di formare una comunità di ricercatori interiori, oltre che di intellettuali, che pongano al centro dell’idea del formarsi quella del diventare ciò che sono destinati ad essere, più ed oltre che quella di rafforzarsi come tecnici della mente ben formati, “acquistabili” a buon ragione dai loro pazienti per il “prodotto” che offrono.

 

Cultura come pratica di ascolto e di cura, come attitudine al prestare attenzione ad una alimentazione sottile, capace di essere realmente nutriente, mai stereotipata, non rassicurante o di maniera. Cultura come viatico capace di sostenere il pensiero della complessità, dove sia sempre chiaro che le mappe non sono i territori e che il massimo che possiamo ottenere è intravedere una struttura che connette (Batson), mettendo in tensione dialettica epistemologie anche distanti, che offrano all’uomo la conoscenza di sé come processo e non come stato fisso da depositare e definire una volta per tutte

 

Uno sogno molto ardito, il nostro, che tuttavia ci edifica nell’atto stesso di offrirlo e sostenerlo. Speriamo che possa essere una visione che nutra il desiderio anche di altri, animati, come noi, dalla chiamata di  generare il futuro come luogo costante di scoperta di ciò che realmente siamo e di ciò che possiamo co-creare insieme con gli altri.