di Silvia Fancello
Adolescenza: una corsa ad ostacoli Avere per molto tempo considerato l’adolescenza come una fase della vita caratterizzata da sbalzi di umore e crisi più o meno intense ha alimentato il senso di confusione e di incertezza in chi, come genitore, si pone con sguardo interrogativo a valutare se quella “metamorfosi che lascia impreparati”, quei “modi di fare così bruschi ed eccessivi” o ancora quello “sguardo così triste e pensieroso” siano da considerare “normali” o possano, con buona ragione, essere ritenuti fonte di preoccupazione.
Adolescenza: una corsa ad ostacoli Avere per molto tempo considerato l’adolescenza come una fase della vita caratterizzata da sbalzi di umore e crisi più o meno intense ha alimentato il senso di confusione e di incertezza in chi, come genitore, si pone con sguardo interrogativo a valutare se quella “metamorfosi che lascia impreparati”, quei “modi di fare così bruschi ed eccessivi” o ancora quello “sguardo così triste e pensieroso” siano da considerare “normali” o possano, con buona ragione, essere ritenuti fonte di preoccupazione. Come per molte altre situazioni che destano apprensione, occorre distinguere tra ciò che può essere ricondotto ad un transitorio momento di difficoltà, in ogni caso da non ignorare, ed un sintomo psicopatologico che può preludere a qualcosa di importante, soprattutto se sottovalutato. In altre parole è importante stabilire se la “crisi” comporta o meno un’interruzione ed un blocco dello sviluppo a cui si associa un distacco dalla realtà. Cogliere tempestivamente i segnali di disagio espressi dai giovani permette di trasformare i momenti di difficoltà in opportunità di crescita e conoscenza di sé ed è, allo stesso tempo, l’occasione per arginare o scongiurare eventuali complicanze future. L’adolescenza è una fase della vita in cui bisogna fare fronte a molteplici cambiamenti che investono la sfera emotiva, cognitiva, fisica e sociale; ad esserne coinvolti non sono, però, solo i diretti interessati ma anche i familiari che si trovano, bene o male, ad interagire e a condividere con loro umori e turbolenze. Si potrebbe quasi dire che la presenza di un adolescente nella famiglia attiva in ciascuno degli appartenenti al nucleo, uno stato generale di profonde trasformazioni soggettive e interpersonali. Anche i genitori, insomma, al pari dei loro figli, devono trovare un nuovo modo di essere, di comunicare e di relazionarsi all’altro secondo una modalità che non è più quella marcatamente asimmetrica dell’infanzia ma non può, al contempo, annullare le differenze, che pure esistono. Occorre non perdere di vista il fatto che, pur avendo di fronte un giovane adulto con cui confrontarsi su di un piano più paritario, la relazione si muove sempre all’interno di una dinamica genitore-figlio. Il compito evolutivo con cui si confrontano gli adolescenti e i loro genitori è quello di riorganizzare, ognuno per proprio conto, l’immagine che ciascuno ha di sé e del rapporto con l’altro. Non sono solo i primi, infatti, a dover portare avanti il delicato processo di distacco che caratterizza la lunga fase di separazione – individuazione che ha inizio nell’infanzia, ma anche i genitori, a loro volta, devono facilitare le possibilità di emancipazione dei futuri giovani adulti. E’ un ruolo complicato quello che deve riuscire a sostenere un genitore che assiste ai turbamenti emotivi ed alle angosce del proprio figlio essendo chiamato ad essere presente senza diventare invadente, allo stesso tempo impegnato a vincere la naturale propensione ad offrire soluzioni più che strumenti che consentano all’altro di prendere decisioni in modo autonomo. Bisogna ricordare che, a questa età, la figura dell’adulto, come punto di riferimento, assume connotazioni ambivalenti: il desiderio ed il bisogno di contare su qualcuno che si ritiene possedere risorse o informazioni utili ad attraversare le burrasche emotive a cui si va incontro lascia il posto ad impennate di onnipotenza ed ostilità verso “il mondo dei grandi”. Prevale, allora, la tendenza ad escludere l’altro dalla propria vita e a ritenersi in grado di superare da soli, sopravvalutando le proprie forze, qualsiasi ostacolo. Il dolore che l’adolescente sperimenta quando sente di avere fallito il compito evolutivo che lui stesso, prima ancora della realtà esterna, pretende da sé può sfociare in un ritiro emotivo e in atteggiamenti di isolamento e chiusura verso tutto e tutti. Anche gli adulti, proprio come gli adolescenti, si trovano a dover fare i conti con una ferita narcisistica che li mette in contatto con i propri limiti rispetto alla capacità di sapere cosa pensa, cosa prova, cosa desidera il proprio figlio, che fino a ieri si riteneva di conoscere come se stessi… All’interno di alcuni nuclei familiari, il prevalere dell’esigenza di mantenere invariato lo status quo, è all’origine di alcuni arresti dello sviluppo o di ostacoli nei naturali processi di maturazione: dietro un apparente invito all’emancipazione ed all’autonomia, così come ai messaggi che incitano a divertirsi e a godersi in modo spensierato la propria età, si celano richieste diverse di non cambiamento, di stasi, di condivisione del bisogno di interdipendenza… Accettare che i figli crescano, significa, su un piano emotivo, entrare in contatto con il fatto che il susseguirsi delle stagioni riguarda non solo gli altri ma anche se stessi; comporta la ricerca di un nuovo equilibrio tra le immagini di sé come genitore, come persona, come membro di una coppia … operazione che può portare a galla conflitti o problematiche fino a quel momento messe in ombra dall’impegnativa funzione genitoriale. Tutto questo, però, per quanto possa gettare nella confusione o nello sconforto da un punto di vista personale non esime i genitori dal loro compito di offrire sostegno e ascolto nel momento in cui questi si rendano necessari. Sono molti i modi attraverso i quali i ragazzi e le ragazze esprimono le loro difficoltà e provano a cercare aiuto; spesso tutto questo avviene in modo inconsapevole ed i messaggi inviati sono soggetti a distorsioni ed ambivalenze: l’adolescente è costantemente in bilico tra il desiderio di andare avanti e superare i propri limiti e quello di trincerarsi dietro ostacoli vissuti come insormontabili. Disturbi del comportamento, incidenti apparentemente accidentali che tendono a susseguirsi con una certa frequenza, fughe, idee suicidarie, condotte delinquenziali e difficoltà scolastiche, condotte bulimiche o anoressiche, condotte di dipendenza, disturbi funzionali con lamentele di dolori corporei sono alcuni esempi che permettono di capire quante e quali possano essere le modalità attraverso cui gli adolescenti manifestano il loro malessere. La tentazione di ripercorrere a ritroso il cammino fatto, fino a raggiungere un “luogo” identificato come sicuro (famiglia o relazioni già note) ed in cui costruire la propria tana, rischia di compromettere le possibilità di sviluppo e di rafforzamento individuali che aprano alla socializzazione ed alla condivisione di esperienze nel mondo esterno. Le trasformazioni puberali che si susseguono impongono, in tempi rapidi, un riadattamento dell’immagine di sé e delle relazioni che si intrattengono con gli altri. Tra i cambiamenti propri di questa età, quelli che riguardano la sfera corporea e sessuale sono non solo i più evidenti ma anche quelli che maggiormente impegnano i giovani nel tentativo di pervenire ad una immagine di sé integrata, in cui riconoscersi e che possa essere investita positivamente. Il corpo infantile deve poter lasciare spazio a quello adulto e la comparsa dei caratteri secondari testimonia la raggiunta potenzialità riproduttiva. Se da una parte tutto questo può creare tensione e disagio, dall’altra ci sono la curiosità ed il desiderio di sperimentarsi, di sentirsi padroni del proprio corpo con i suoi nuovi bisogni e pulsioni. Accade, a volte, che alla maturazione fisica non corrisponda una simultanea maturità emotiva e mentale; il corpo sessuato è percepito come estraneo, come un nemico da attaccare e distruggere perché sede di una vita che sembra troppo difficile vivere con le poche risorse che si sente di possedere.