Contraccezione: libertà di scelta e desiderio sessuale

di Laura Grignola
fonte Figli per scelta o per caso? Liberodiscrivere Ed., Genova 2001
Mi fa sempre piacere essere invitata a parlare in un Convegno medico, forse nella speranza di saper superare le barriere epistemiche, concettuali e metodologiche che separano la medicina …

 

Contraccezione: libertà di scelta e desiderio sessuale
di Laura Grignola

Mi fa sempre piacere essere invitata a parlare in un Convegno medico, forse nella speranza di saper superare le barriere epistemiche, concettuali e metodologiche che separano la medicina dalla psicoanalisi. In fondo la psicoanalisi è nata dall’attività medica di Freud alle prese con un caso di isteria.

I fattori organici scatenanti le malattie -come ormai si concorda unanimemente- sono sempre delle ragioni sufficienti ma mai determinanti delle malattie stesse. Eppure appare di solito impossibile integrare l’operazione terapeutica della medicina con il significato simbolico inconscio che le malattie assumono nella storia di un paziente, anche se ci sarebbe tutto lo spazio necessario per affiancare allo studio delle determinanti organiche anche quello dei significati simbolici possibili.

La volontà di escludere gli aspetti psicologici dal campo delle proprie osservazioni al fine di non introdurre dei fattori perturbanti la stabilità dell’approccio sia teorico che pratico, inducono spesso la medicina ad assumere toni apodittici ed indiscutibili e relegano la psicoanalisi in posizioni solipsistiche, schive, talvolta anche misteriche ed elitarie. Entrambi questi atteggiamenti sono comprensibili ma non certo condivisibili.

In effetti oggi, in questo convegno, l’atmosfera è molto serena; si respira un’aria di certezze, di tranquilla sicurezza, un’aria davvero rassicurante se confrontata con le difficoltà e le incertezze in cui uno psicoanalista si muove ogni giorno nel suo ambito professionale. E’ vero che tali sicurezze possono anche tradire qualche semplificazione, almeno per quel che concerne la dimensione psicologica, ma è anche certo che il lavoro psicoanalitico non può non svolgersi in una dimensione preconscia, fondata sull’intuizione, e quindi non soggetta a verifiche diverse da quelle cliniche, cioè che si riferiscono esclusivamente al cambiamento della qualità della vita del paziente. Verifica questa alquanto intimistica, poco divulgabile e facilmente criticabile sul piano scientifico. Eppure, nonostante queste indubbie difficoltà, ritengo indispensabile al progresso scientifico, per una corretta comprensione del significato globale delle malattie e delle disfunzioni, una collaborazione ed un tentativo di intesa tra medicina e psicoanalisi.

Ma veniamo al nostro incontro odierno. Rispetto al tema che mi è stato proposto, cioè i vissuti legati alla contraccezione, lungi dall’essere esaustiva data l’entità degli argomenti che dovrebbero essere affrontati, vorrei limitarmi a qualche osservazione derivante da un’ottica squisitamente psicoanalitica, appunto; ottica che di solito tende al rovesciamento delle prospettive, anche di quelle proposte dalle altre psicologie.

Banalmente, la contraccezione rimanda automaticamente ai vissuti circa l’avere o non avere figli ed ai vissuti sulla sessualità.

Avere o non avere figli. E siamo al titolo del Convegno, Figli per scelta, figli per caso. Titolo importante che tocca due temi importanti per la psicoanalisi: il caso e la scelta. Per la psicoanalisi nulla è totalmente casuale e nessuna scelta è mai totalmente libera. Vediamo alcuni esempi di “casualità” nell’ambito del nostro argomento:

  • Una ragazza al suo primo rapporto rimane incinta. Potrebbe sembrare inesperienza, potrebbe sembrare casualità. Ma potrebbe anche essere che a quella ragazza inconsapevolmente serva rimanere incinta, che possa farla sentire grande e colmare provvisoriamente un suo senso di inadeguatezza; potrebbe esserle utile per ridurre una distanza idealizzante nei confronti della propria madre, dimostrando a se stessa di essere altrettanto capace di fare figli, e così via. La sua storia clinica potrebbe evidenziare una forte competitività con la propria madre, oppure una condizione di assoluta simbiosi. Allora l’inesperienza viene asservita a finalità inconsce; e questo nonostante la gravità dei drammi familiari che possono conseguirne e rendere l’evento assolutamente indesiderato sul piano cosciente.
  • Pensiamo all’aborto spontaneo ripetuto o alla sterilità psicogena. E’ casuale che una donna non riesca, almeno in un certo periodo della sua vita, ad avere figli anche in assenza di danni o di fattori patognomonici? Anche in questo caso dalla sua storia clinica si potrebbe evincere una sorta di interdetto materno all’emancipazione, alla realizzazione soprattutto affettiva, all’acquisizione a propria volta dello statuto di adulto e di genitore.

E’ inutile dilungarsi in ulteriori esemplificazioni che riguardano la psicopatologia della vita quotidiana, in quanto attualmente sono già abbastanza scontate. Siamo ormai avvezzi a considerare gli aspetti di casualità non così casuali ma sovradeterminati a livello inconscio. La psicoanalisi si è insinuata sufficientemente nella cultura e queste concettualizzazioni fanno ormai parte dello spirito del tempo. Anzi, se mai il problema è che queste generalizzazioni desunte dalla clinica rischiano di dare un’immagine deterministica e determinata della mente; in realtà la psicoanalisi è un metodo per portare individualmente alla coscienza proprio queste determinanti inconsce e affidarle all’elaborazione cosciente dell’ Io, permettendo così al soggetto di rientrare, ad ogni atto del processo di coscientizzazione, in una dimensione di responsabilità e di libertà.

Anche per quel che riguarda il tema della scelta ci troviamo in realtà di fronte allo stesso problema delle implicazioni inconsce che affondano le radici nella storia del soggetto e che determinano le direzioni del suo viaggio. Rispetto alle “scelte procreative”, ciò che il soggetto o la coppia si illudono di decidere autonomamente, in realtà risulta determinato fin dalle generazioni precedenti: la complessa costruzione della propria identità sessuale deriva dalle vicende relazionali sperimentate nell’infanzia, in particolare con le figure genitoriali. I genitori a loro volta, a seguito delle personali esperienze sessuali di paternità e di maternità, rimanderanno inconsapevolmente ai figli un’immagine di uomo, di donna e di stile relazionale di coppia, che avrà il suo peso anche nelle scelte procreative. In altre parole, nella definizione delle scelte, la libertà ci deriva direttamente dalla coscienza della non libertà a cui siamo soggetti.

Se consideriamo adesso i vissuti relativi alla sessualità, ciò che viene evocato immediatamente è un altro tema portante, quello del piacere. E anche riguardo al piacere la psicoanalisi ha un suo vertice particolare da cui cogliere il problema: quella del piacere è un’esperienza tanto temuta e inaccettabile quanto quella del dolore mentale. Perché? I vissuti del dolore e del piacere rimandano entrambi alla relazione con l’altro. In particolare il dolore rimanda ai vissuti della separazione (primitivamente dalla madre) con le conseguenti angosce di frammentazione del Sé (gli americani dicono cracking up, andare in pezzi); il piacere rimanda invece ai vissuti di fusionalità, con le conseguenti angosce di inglobamento e di perdita dei confini corporei. Naturalmente nel rapporto con una madre “sufficientemente buona” il bambino acquisisce una capacità di escursione tra questi due poli opposti, modulando via via i vissuti relativi fino a che non divengono tollerabili. Quando ciò non avviene il timore del vissuto di annientamento impedisce la fruizione dell’esperienza del piacere.

La contraccezione dovrebbe avere tra le sue finalità anche una migliore fruizione del piacere sessuale. Ma abbiamo visto quanto sia complesso questo tema della capacità di fruizione del piacere e quanto tale capacità sia indissolubilmente legata alla storia di ciascuno. Come dicevamo, il vertice psicoanalitico non permette di immaginare rapidi e sommari processi di coscienza, risolutivi di un atteggiamento patologico che produce un disturbo, sia esso mentale, sia organico o sessuale. Un tale cambiamento può avvenire solo molto lentamente, nel corso del tempo e attraverso esperienze mutative, non certo attraverso la diffusione della teoria psicoanalitica. Tale diffusione, indispensabile per esserci nel panorama scientifico, per far sentire la propria voce e contribuire al progresso conoscitivo, sul piano emotivo provoca se mai resistenze e ulteriori sintomi e atteggiamenti difensivi.

Il vertice psicoanalitico non permette nemmeno di individuare posizioni di parte o di dare giudizi di valore, fare scelte precostituite e standardizzate (e tantomeno su base ideologica) circa i vari metodi contraccettivi. Che cosa è meglio per due persone che si sentano sospinte sessualmente l’una verso l’altra? Sarà meglio un contraccettivo chimico, meccanico; sarà meglio astenersi, rischiare… Per quelle due persone lì, in quel preciso istante della loro esistenza, cos’è meglio? Possiamo arrogarci il diritto di dirlo noi a priori, prescindendo dalla loro storia? E’ davvero nostro diritto pronunciarci o nostro compito potrebbe essere quello di suscitare di volta in volta negli interessati quella consapevolezza che permetta loro di scegliere a titolo personale?

Ancora due considerazioni. La prima è che qualsiasi nostra azione, ad esempio una scelta relazionale, una scelta contraccettiva, una scelta a favore della procreazione, una scelta di rinuncia o di fruizione, qualsiasi nostra azione può essere motivata prevalentemente da istanze narcisistiche-distruttive-onnipotenti oppure da istanze affettive e di capacità di integrazione con l’altro. Ed è solo questa realtà psicologica sottostante che se mai può definire il segno da attribuire alle nostre azioni.

L’ultima osservazione che mi viene in mente riguarda tutta questa liberalizzazione della sessualità (il tabù sessuale è ormai stato sostituito dal tabù della morte; nella nostra società obbligatoriamente felice ciò che deve essere nascosto è il limite e la morte). In questa società che crea e ci illude di soddisfare ogni nostro bisogno più intimo e che per certi versi sembra volerci impedire di avere un inconscio, l’unico ad essere tenuto in iscacco è il desiderio sessuale. Il desiderio sessuale, infatti, non si affianca volentieri alle semplificazioni e alle facilitazioni. Ha bisogno di percorsi difficili e originali, ha bisogno di conquistare l’altro facendosi strada faticosamente e creativamente. Tutta questa permissività, questa esposizione alla luce del sole, lo spegne. E credo che ginecologi, sessuologi e psicoanalisti ne sappiano qualcosa! Mentre noi siamo qui a discutere su quale possa essere la scelta più giusta, il desiderio sessuale deve attingere dalle oscure profondità dell’inconscio nuove strade sotterranee in cui acquattarsi e da cui sbucare fuori e sorprendere.

(Pubblicato in Figli per scelta o per caso? Per una moderna gestione della fertilità, Atti del Congresso Regionale Ginecologi Liguri del Territorio (Gi.L.T.), Liberodiscrivere Ed., Genova 2001)