Il vecchio saggio

commento di Mariella Torasso
fonte La Stampa

La notizia

L’albero genealogico cresce su Internet. Francesca Paci sottolinea il grande interesse registrato in ambito Internet per il recupero dell’albero genealogico della propria famiglia. La ricerca on line degli antenati pare essere ultimamente in aumento ed è supportata da home pages attraverso cui si può accedere a veri e propri database, cataloghi di cognomi, manuali di genealogia e bacheca-sito dei ritratti di famiglia.
La Stampa, venerdì 4 gennaio 2002

Il commento

L’articolo occhieggia, con un certo ammiccamento, dopo pagine che brindano al successo dell’euro, ma alludono contemporaneamente alle difficoltà dell’accettazione della nuova moneta, dopo resoconti di politica interna e dopo stanche considerazioni su un ancora più stanco popolo afghano.

Se mi abbandono al flusso della lettura e sfoglio le pagine del quotidiano come se mi si presentasse una catena associativa, la successione dettata dall’esigenza giornalistica mi pare assumere un senso proprio.

Il popolo dell’euro – che ha assistito impotente ai tragici eventi degli ultimi quattro mesi – sta per essere unificato dalla moneta che economisti e politici si sono preoccupati di legittimare anche attraverso considerazioni di pertinenza psicologica: l’uso di una stessa moneta finirà per avvicinare e accomunare genti diverse che forse scopriranno di poter avere diritto a più riferimenti comuni.

Questi uomini, a cui si prospetta un grandioso processo di unificazione, un sentire da fratelli, sembrano rilanciare piuttosto la necessità di trovare radici e un’identità propria.

Quali sono le radici? Dove sono? Rassicuranti le risposte a portata di mouse: gli antenati ci sono, si tratta solo di ricomporre il puzzle, di ritrovarli.

La società dell’informazione e dell’immagine sembra coniugare l’evidenza del libero scambio con l’esigenza di riconsiderare relazioni non intercambiabili.

In un momento storico in cui sempre più si parla di globalizzazione e massificazione, non riesce difficile concordare con il fatto che all’individuo vengono sempre più sottratte le decisioni morali e la possibilità di scegliere la condotta della sua vita, per cui si viene amministrati, nutriti, vestiti, educati, alloggiati e divertiti (per usare un’espressione di Jung in Presente e futuro, 1957) con un metro ideale fornito dalla soddisfazione della massa.

Preso dal sentimento della sua poca rilevanza, il singolo si allontana dal senso della sua vita, che non si esaurisce nel concetto del pubblico benessere. L’uomo come essere sociale ha bisogno del legame, ma può resistere nella sua individualità se è organizzato quale essere psichico; egli, grazie alla sua attività cosciente riflessiva e alla sua natura ereditaria e archetipica, ha in sé una corrispondenza con il grande mondo.

Sappiamo che l’esercizio dell’attività cosciente riflessiva comporta un notevole investimento contro cui lavorano, più o meno volutamente, l’omologazione e l’immobilismo ideativo di cui si è ammalata la nostra società. Come sempre, quando si verifica una rimozione, l’altra strada che si impone è quella del ritorno dei bisogni accantonati in forme che esercitano un fascino particolare.

L’uomo è in possesso di eredità dei suoi antenati; quando nasce è inconsapevole, ma porta con sé sistemi organizzati, pronti a funzionare, che sono il risultato di milioni di anni di evoluzione umana. L’uomo racchiude in sé la trama fondamentale del suo essere, non solo della sua natura individuale, ma anche di quella collettiva. Lacan (La topologie et le temps) indica con l’immagine della treccia borromea la traccia di un “anteriore” già presente nell’individuo, che prima ancora di nascere è fortemente determinato dal lignaggio, dalla casata, dalla stirpe (attraverso la metafora del nome del padre). Le storie cliniche dei nostri pazienti si portano appresso sovente tracce-trecce familiari da cui l’intervento terapeutico non può prescindere.

Al bisogno di radici da parte di un Io più vulnerabile, sollecitato dall’instabilità del presente momento storico, dall’opportunità di adattarsi in tempi brevi a nuovi scenari, risponde la componente inconscia che guida l’individuo alla ricerca di un riferimento comune allargato, appartenente al passato, che assume – nello specifico sottolineato dall’articolo – la forma dell’antenato. L’esigenza di appartenenza, al di là dei legami spesso sfilacciati e problematici dell’odierno tessuto familiare, e della generica rappresentazione di una fratellanza universale in quanto umana, viene rappresentata e agita dalla riscoperta dell’albero genealogico.

Mi sovviene, a tale proposito, la figura archetipica del vecchio saggio (Jung, Gli archetipi e l’inconscio collettivo, 1946), che simboleggia il fattore “spirito”. Nelle fiabe il vecchio saggio appare quando l’eroe è in forte difficoltà e può essere aiutato solo da una profonda riflessione o da una felice intuizione. Il vecchio che porta aiuto e consiglio, che interroga sul chi, sul perché con un invito alla riflessione, rappresenta dunque sapere, saggezza, prudenza, intuizione, ma anche qualità morali come benevolenza e sollecitudine.

Forse l’uomo di oggi (in particolare l’uomo appartenente ad una fascia d’età medio-giovane, quale potrebbe essere l’utente tipo del mezzo informatico), oltre ad incontrare nelle chat-line sconosciuti interlocutori, cerca anche la storicizzazione dell’antenato-vecchio saggio, che come presenza silenziosa ma non poco influente, gli dia il senso certo dell’appartenenza a qualche realtà già data.