Tempo di guerra

commento di Laura Grignola
fonte La Repubblica

La notizia

Giustizia infinita. Parte l’operazione militare USA: cento aerei nel golfo.
”La Repubblica” del 20 settembre 2001

Il commento

Nell’accingermi a commentare questa settimana un fatto di cronaca, mi è sembrato da un lato impossibile non dare spazio al dramma americano, fatto che sta sconvolgendo il mondo; dall’altro lato mi sembra altrettanto inopportuno -anzi presuntuoso- intervenire su un tema che è oggetto di discussione in maniera capillare e senza soluzione di continuità.

E’ anche vero però che nonostante l’equilibrio, la competenza, la buona volontà che media, scienziati, politici e strateghi stanno dimostrando, si ha comunque la sensazione di essere entrati tutti in un’enorme -a proposito di globalizzazzione- dinamica di gruppo dove la guerra si dà troppo per scontata e dove appaiono molto chiaramente alcuni meccanismi di assorbimento delle conflittualità, fenomeno proprio delle situazioni di guerra, e dove la ripetizione incessante delle immagini sembra fissarci in una dimensione ineluttabile di sospensione da cui solo la decisione bellica può liberarci.

Per uscire dall’impasse ho pensato di riproporre tout court una sorta di florilegio da alcuni lavori sul tema della guerra di uno psicoanalista esponente della scuola inglese cresciuta intorno a Melanie Klein (1898 – 1980), Roger Money-Kyrle, perché morto più di vent’anni fa, perché ha combattuto nell’aeronautica militare, perché particolarmente interessato ad una psicoanalisi capace di confrontarsi con la dimensione antropologica e sociale, perché modesto ed equilibrato. Per quanto un po’ datato, mi sembra una testimonianza ancora assolutamente valida, essendo consapevole lui stesso della necessità evolutiva delle teorie scientifiche e della poliedricità delle determinanti etiologiche di quella malattia umana chiamata “guerra”.

Ai brani tratti dagli scritti di Money-Kyrle ho pensato inoltre di inframmezzare alcune suggestioni poetiche in quanto, come sappiamo, i poeti sono in grado di comunicare in una dimensione assolutamente sincretica concettualizzazioni complesse che travalicano le teorie ma che raggiungono per vie dirette la coscienza.

EPITAFFIO, TEMPO DI GUERRA
Si è schiantato un cielo di ferro
Su questa statua tenera.
Margherite Yourcenar (1943)

In Un’analisi psicologica delle cause della guerra (1934) Money-Kyrle dice che molte e differenti sono le teorie che sono state avanzate circa l’origine della guerra. Ciascuna rappresenta una porzione di verità e può servire a spiegare qualche guerra, altre possono servire quali indicazioni per qualunque guerra. Comunque tutte le teorie comprendono sia dei fattori precipitanti che dei fattori predisponenti o costituzionali. In quella malattia sociale che è la guerra molti possono essere i fattori precipitanti: “ad esempio, gli assassini politici o il fatto di avere un esercito così grande da disturbare i propri vicini o così piccolo da essere tentati di ignorarlo. Questo può essere paragonato all’andare fuori quando piove e dimenticarsi l’impermeabile. Rimane tuttavia la predisposizione costituzionale. Quelli che non amano il pacifismo spesso dicono che il combattere è proprio della natura umana e che la natura umana non si può cambiare”.

Ma questo è vero? E qual è l’apporto della psicoanalisi alla comprensione delle cause della guerra?

“Che l’uomo allo stato naturale sia un animale aggressivo è sempre stato abbastanza ovvio. Era anche chiaro che l’uomo civilizzato potesse ridiventare selvaggio anche troppo facilmente per salvaguardare la sicurezza sua o di altri. Ma quello che non si sapeva era che gli impulsi distruttivi, che esplodono in guerra, sono sempre presenti nella nostra mente a livello inconscio. Noi non ne sappiamo niente perché sono rimossi (o scissi), ma esistono e sono pronti a erompere”.

LE CASE E I MONDI
Occhi aperti delle case ammiccanti nell’ombra chiara,
tuguri dagli occhi avvinazzati, ospizi dagli occhi ingialliti,
case piene d’orrore, di dolcezza, di collera,
dove il delitto ha la sua tana, dove il sogno ha i suoi nidi.

Sotto il fardello di un cielo che non è più protezione,
case dei pugni alzati, case delle dita strette;
i globi freddi delle notti sotto l’orbita polare
rimuginano meno segreti nei loro occhi infiniti.

Arronzati qua e là dal volere dei venti contrari,
voi vivete, voi morrete; io penso a voi, miei fratelli,
il povero, il malato, o l’amante, o l’amico.

I vostri cuori hanno i loro tifoni, i loro mostri, le loro
Algebre,
ma nessuno, sporgendosi, vede nelle vostre tenebre
gravitare sordamente tutto un mondo addormentato.
Margherite Yourcenar (1930)

“Se siamo in grado di riconoscere questo, cominceremo a capire una delle ragioni per cui le guerre avvengono così frequentemente anche quando tutti sembrano cercare di prevenirle. Siamo gente che va in giro senza sapere che ha le tasche piene di dinamite. Più ci rendiamo conto di questo e più diventeremo capaci di prendere tutte le precauzioni possibili.” Sublimiamo quindi gli impulsi distruttivi nel lavoro e nello sport ma questi impulsi possono sempre manifestarsi in qualche modo, o trasformati in istanze autodistruttive (ci sentiamo irritati e depressi -è questa l’origine della depressione), oppure possiamo proiettarla, gettarla fuori di noi, non riconoscerla ed attribuirla all’altro. Penserò quindi che sono gli altri a volermi aggredire e sarò tormentata da sospetti ingiustificati. Alla fine “l’aggressività inconscia può emergere in forma diretta e il pacifico cittadino può diventare consapevole del suo desiderio di uccidere. Ma prima che questo accada la sua normale coscienza deve essere modificata; egli deve credere di avere una giusta causa. Questo cambiamento avviene nell’omicida maniacale, convinto che il suo crimine non solo sia giusto, ma sia un vero dovere. Un cambiamento del genere avviene in persone completamente normali durante la guerra. … Questi meccanismi possono anche non influenzarci molto come individui, ma possono avere un grande impatto su di noi come membri di uno stato.”

UOMO DEL MIO TEMPO
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
– t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero

gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all’altro fratello:
“Andiamo ai campi”. E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
Salvatore Quasimodo (1947)

Money-Kyrle introduce il concetto di paranoia nazionale. “La psicologia di uno stato può diventare una caricatura della psicologia degli individui che lo compongono, in cui gli aspetti più pericolosi ed irresponsabili vengono accentuati e quelli più sani e prudenti vengono annullati. Per lunghi periodi una nazione può essere pacifica, contenta. Poi si verifica un cambiamento e una nazione sviluppa tutti i sintomi di qualche follia ben nota. In particolare, può diventare paranoide, cioè soffrire di deliri di persecuzione. Il singolo individuo pazzo è sospettoso in maniera irrazionale, perché proietta la sua aggressività inconscia sui propri vicini. Il cittadino normale è troppo sano per fare questo. Ma egli pure ha una carica di aggressività inconscia e difficilmente si può impedirgli di proiettarla sugli stranieri, specialmente su quelle personificazioni astratte degli stranieri chiamate ‘ potenze straniere ‘.

COLORE DI PIOGGIA E DI FERRO
Dicevi: morte silenzio solitudine;
come amore, vita. Parole
delle nostre provvisorie immagini.
E il vento s’è levato leggero ogni mattina
E il tempo colore di pioggia e di ferro
È passato sulle pietre,
Sul nostro chiuso ronzio di maledetti.

Ancora la verità è lontana.
E dimmi, uomo spaccato sulla croce,
e tu dalle mani grosse di sangue,
come risponderò a quelli che domandano?
Ora, ora: prima che altro silenzio
Entri negli occhi, prima che altro vento salga e altra ruggine fiorisca.
Salvatore Quasimodo (1946-48)

E’ anche un grande sollievo per il cittadino trovare degli oggetti distanti per la sua indignazione latente; e la stampa, naturalmente, è esposta alla forte tentazione di soddisfare questa richiesta. … Io non credo che nessuna nazione moderna abbia iniziato una guerra senza che la maggioranza dei suoi cittadini credesse nella giustizia della propria causa. L’aggressività rimossa è presente, naturalmente; ma la coscienza civilizzata deve essere soddisfatta prima di permetterle di emergere. Il sospetto stesso fornisce il pretesto di una giusta causa. Come l’individuo paranoico che diviene omicida, così la nazione paranoica può iniziare una guerra che onestamente ritiene necessaria per la propria autodifesa. Quello che originariamente era un sospetto ingiustificato aiuta a creare proprio quella catastrofe che si desidera evitare”. La paura sembra essere la prima causa della guerra!

PERCHE’?
Ha bisogno di qualche ristoro
il mio buio cuore disperso

Negli incastri fangosi dei sassi
come un’erba di questa contrada
vuole tremare piano alla luce

Ma io non sono
nella fionda del tempo
che la scaglia dei sassi tarlati
dell’improvvisa strada
di guerra

Da quando
ha guardato nel viso
immortale del mondo
questo pazzo ha voluto sapere
cadendo nel labirinto
del suo cuore crucciato

Si è appiattito
come una rotaia
il mio cuore in ascoltazione

ma si scopriva a seguire
come una scia
una scomparsa navigazione

Guardo l’orizzonte
Che si vaiola di crateri

Il mio cuore vuole illuminarsi
come questa notte
almeno di zampilli di razzi

Reggo il mio cuore
che s’incaverna
e schianta e rintrona
come un proiettile
nella pianura
ma non mi lascia
neanche un segno di volo

Il mio povero cuore
sbigottito
di non sapere
Giuseppe Ungaretti (1916)

Una volta che la guerra è scoppiata, le ultime tracce di sanità scompaiono. La tendenza al sospetto è stimolata dalla propaganda. Subito ogni parte attribuisce ai suoi nemici i crimini più atroci e inverosimili, cosicché ciascuno commette veri oltraggi per vendetta. L’individuo sembra perdere la sua individualità e viene sommerso dal gruppo. La coscienza privata, che nega i massacri umani, viene sostituita da una coscienza di gruppo che invece li ordina. Il cittadino pacifico scopre improvvisamente che ha sviluppato un desiderio di uccidere e, allo stesso tempo, come per una specie di compensazione, è pronto ad essere ucciso per la patria. Si sente esaltato; l’emergenza di questi impulsi dall’inconscio gli danno un vero sollievo. Questa, penso, è la ragione per cui la febbre di guerra si diffonde così rapidamente. Guerre prolungate producono naturalmente molte nevrosi, le cosiddette psicosi traumatiche (in seguito a bombardamenti). Ma ci sono anche nevrosi da pace, dovute alla repressione dell’aggressività, che vengono curate dalla guerra. L’individuo non si sente completamente bene fintanto che i suoi impulsi distruttivi rimangono repressi. Come ho detto, spesso questi vengono rivolti contro l’individuo stesso, causando frustrazioni e producendo un senso di inferiorità e un sentimento di depressione. … Inoltre la guerra offre possibilità di auto sacrificio, oltre che di aggressione diretta. Sebbene sia difficile ammetterlo in un’epoca razionale come la nostra, molti di noi avvertono un bisogno interno di sacrificare se stessi. Il mondo deve la maggior parte dei suoi progressi a questo impulso; e che questo possa venire così facilmente utilizzato in guerra è una delle tragedie della natura umana. … Così la guerra libera, in vari modi, immense quantità di aggressività normalmente inconscia. La pazzia che ne consegue non si attenua finché i paesi coinvolti non sono completamente sfiniti.”

FIGLI DELL’EPOCA
Siamo figli dell’epoca,
l’epoca è politica.

Tutte le tue, nostre, vostre
faccende diurne, notturne
sono faccende politiche.

Che ti piaccia o no,
i tuoi geni hanno un passato politico,
la tua pelle una sfumatura politica,
i tuoi occhi un aspetto politico.

Ciò di cui parli ha una risonanza,
ciò di cui taci ha una valenza
in un modo o nell’altro politica.

Perfino per campi, per boschi
fai passi politici
su uno sfondo politico.

Anche le poesie apolitiche sono politiche,
e in alto brilla la luna,
cosa non più lunare.
Essere o non essere, questo è il problema.
Quale problema, rispondi sul tema.
Problema politico.

Non devi neppure essere una creatura umana
per acquistare un significato politico.
Basta che tu sia petrolio,
mangime arricchito o materiale riciclabile.
O anche il tavolo delle trattative, sulla cui forma
si è disputato per mesi:
se negoziare sulla vita e la morte
intorno a uno rotondo o quadrato.

Intanto la gente moriva,
gli animali crepavano,
le case bruciavano
e i campi inselvatichivano
come in epoche remote
e meno politiche.
Wislawa Szymborska (1986)

Le più importanti cause costituzionali della guerra sono dunque innanzitutto la presenza di impulsi distruttivi inconsci. Poi c’è la tendenza a proiettare questi impulsi dando luogo alla paranoia nazionale. In terzo luogo, ci sarà il pericolo che questi sospetti finiscano di produrre una giustificazione per l’esplosione di impulsi distruttivo-paranoicali e determinare una guerra.

Dice Money-Kyrle in “Lo sviluppo della guerra ” del 1937, parlando delle risultanti delle vicende edipiche: “Da adulto, la lealtà verso il proprio superiore o gruppo, come personificazione di un ideale, sarà bilanciata dall’odio per qualche altro capo o gruppo e per questa ragione sarà incline alla guerra. Sembra anche che il grado di venerazione per il proprio capo o paese sia direttamente proporzionale al grado di odio diretto contro i propri nemici. L’intensità con cui un Napoleone, un Mussolini o un Hitler sono idolatrati, dà la misura dell’ardore militante del loro popolo. … Un ulteriore risultato della scissione in due figure dell’immagine paterna è che gli dei di un popolo sono i demoni dell’altro… Quando invece accade che simboli in cui l’ambivalenza infantile ha scisso l’immagine paterna originale sono entrambi presenti nella stessa comunità, il risultato è una tendenza ad una guerra civile più che ad una esterna, o almeno ad una certa intolleranza in politica…C’è naturalmente un certo rapporto inverso tra guerra e rivoluzione: un aumento delle probabilità dell’una diminuisce le probabilità dell’altra, fatto ben noto ai dittatori che fomentano paure di guerra quando la loro popolarità nel proprio paese è in pericolo.”

Inoltre, parlando dei meccanismi riparativi, dice: “Ciò che è nuovo è un’avversione conscia per la guerra… Se questo atteggiamento conscio riuscirà o meno a controllare i fattori inconsci è una questione che solo il futuro potrà decidere. Questa avversione conscia alla guerra è un prodotto di meccanismi riparativi. … Il timore inconscio di avere distrutto o danneggiato i nostri oggetti buoni nell’infanzia, suscita un forte desiderio di riparare il danno, il che è in gran parte l’incentivo per lavori costruttivi in generale e per attività pacifiste in particolare. Tuttavia, se conflitti interni, o eventi esterni, o una combinazione dei due, ci convincono della futilità dei nostri desideri di pace, finiamo col difenderci dalle autoaccuse convincendoci che i nostri oggetti buoni siano stati danneggiati non da noi, ma da oggetti cattivi sui quali abbiamo proiettato la nostra aggressività. E questi, tendiamo ad attaccarli nelle persone dei reali o presupposti nemici della pace -industrie di armamenti, capitalisti, bolscevichi, autocrati o nazioni straniere. Da questo punto di vista, la pace, con il suo lavoro costruttivo, è la condizione normale; la guerra, col suo improvviso scoppio di distruzione, un interludio abnorme dovuto al crollo su larga scala di funzioni riparative. Se, attraverso l’analisi o qualche altro metodo la nostra colpa inconscia, cioè la paura di aver danneggiato o distrutto i nostri oggetti buoni, venisse attenuata, avremmo più fiducia nelle nostre capacità riparative e, in particolare, il nostro pacifismo sarebbe più razionale e stabile”.

SCORCIO DI SECOLO
Doveva essere migliore degli altri il nostro XX secolo.
Non farà più in tempo a dimostrarlo,
ha gli anni contati,
il passo malfermo,
il fiato corto.

Sono ormai successe troppe cose
che non dovevano succedere,
e quel che doveva arrivare,
non è arrivato.

Ci si doveva avviare verso la primavera
e la felicità, fra l’altro.

La paura doveva abbandonare i monti e le valli,
la Verità doveva raggiungere la meta
prima della menzogna.

Certe sciagure
non dovevano più accadere,
ad esempio la guerra
e la fame, e così via.

Doveva essere rispettata
l’inermità degli inermi,

la fiducia e via dicendo.

Chi voleva gioire del mondo
si trova di fronte a un’impresa
impossibile.

La stupidità non è ridicola.
La saggezza non è allegra.

La speranza
non è più quella giovane ragazza
et caetera, purtroppo.

Dio doveva finalmente credere nell’uomo
buono e forte,
ma il buono e il forte
restano due esseri distinti.

Come vivere? – mi ha scritto qualcuno,
a cui io intendevo fare
la stessa domanda.

Da capo e allo stesso modo di sempre,
come si è visto sopra,
non ci sono domande più pressanti
delle domande ingenue.
Wislawa Szymborska (1986)