Maria Teresa di Lascia da “Un vuoto dove passa ogni cosa”
Recensione di Lidia Compagnino, psicoterapeuta, socia CSTCS
Ciò che tutti vogliamo, ed è questa la ragione per la quale ci ammaliamo, è essere amati. Potremmo guarire le persone solo con le carezze: carezze colme di calore, di affetto, di tenerezza. Io voglio imparare a guarire così: con l’amore!
Maria Teresa di Lascia da “Un vuoto dove passa ogni cosa”
Nel 1996 lessi Passaggio in ombra.
Ad attrarmi fu il titolo.
Per quell’ombra da cui mi sarebbe piaciuto uscire, in cui avrei desiderato nascondermi e poi forse perdermi.
Poi seppi che era stato un premio Strega postumo di una scrittrice di soli 40 anni e di un unico romanzo.
Quell’unico romanzo fu per me una ferita.
Un libro denso come il sangue che cerca di coagularsi, a tratti liquido come il sangue quando non riesce a coagulare.
Piangevo leggendolo e quelli intorno a me, forse facendo inconsapevole eco al titolo del libro, mi dicevano: speriamo passi presto e scivoli via.
Io credevo che a rendermi così sofferente in quella lettura a tratti di tristezza infinita fosse la mia età, ancora prima dei trenta, ancora così incompiuta e irrisolta, forse davvero in ombra.
Oggi vent’anni dopo leggo Un vuoto in cui passa ogni cosa: raccolta di interventi politici lettere e racconti inediti della stessa autrice.
E piango.
Non posso più appellarmi alla giovane età, ora che vado verso i cinquanta, e allora devo interrogare cosa mi ferisce e fa sanguinare ancora ora in modo così struggente.
Nasce un pensiero, mi occupa la mente e lo vorrei condividere.
Maria Teresa Di Lascia è una donna intera e radicale, nata cresciuta e vissuta sotto il segno del rifiuto: ecco l’ombra.
Ha cercato spazio tempo per sè come fanno spesso coloro che nascono sotto il segno del rifiuto: ha accolto – offrendo spazio e tempo – l’umanità’ sofferente che incontrava e cercava sperando – quanto inconsciamente – questa accogliesse -prima o poi – per intero lei.
Il suo mondo politico e di lavoro l’ha riconosciuta, ma non l’ha accolta nella totalità del suo essere come le necessitava.
Andava bene sì Maria Teresa certo nella sua radicalità, nel suo impegno, nella sua responsabilità, un po’ meno nell’estrema sensibilità fragilità e furia.
Bastava poco a Maria Teresa per sentirsi ancora e ancora rifiutata: un Ci sentiamo detto frettolosamente al telefono da Sofri per tagliare corto – lei che desiderava riparo e conforto a lungo -, un’invidiosa e velenosa critica ai suoi scritti come quella di Pontiggia, l’assurdo vezzo di festeggiare la donna come specie protetta appartenente a un genere da proteggersi –ma perché poi- e non come persona.
Ma al fondo l’invidia e poi gelosia cieca e devastante di non poter credere che in questa vita le sarebbe stato concesso un amore intero vero dedicato proprio a lei, solo a lei che la potesse curare dalla ferita sempre aperta del rifiuto.
Combatteva Maria Teresa per gli ultimi -per i carnefici e non solo le loro vittime- e generava Maria Teresa il suo figlio più amato da lasciare poi correre nel mondo: l’associazione Nessuno tocchi Caino.
E viveva Maria Teresa, si innamorava – di un Caino, perché no? – scriveva, si arrabbiava e si sposava.
E poi moriva.
Troppo presto.
A soli 40 anni.
Prima che il suo bellissimo libro venisse pubblicato e poi premiato.
Forse perché non ci credeva.
Forse perché quell’ombra del rifiuto sotto cui non riusciva a non passare la perseguitava e non poteva, non ha potuto scucirla da sè e metterla in un cassetto, ma doveva conviverci e la costringeva a mettere in dubbio, sempre, tutto.
Per i tanti che abbiano conosciuto quell’ombra -l’ombra del rifiuto- Maria Teresa può essere oggi come vent’anni fa, e davvero forse per sempre a non volerla dimenticare troppo in fretta, la nostra voce e la nostra intima disperata testimonianza.
Lei ne ha fatto capolavori: freschi, dolorosi, autentici.
Noi la ascoltiamo e riconosciamo coraggiosa e intera finalmente, attoniti e silenziosi, io ancora piangendo.
Che questo amore inseguito agognato urlato e in cui mai saldamente ha creduto fosse anche -a volte- una pretesa scagliata come un sasso è forse l’ombra che divenuta buio dentro l’ha uccisa, così giovane, così bambina, così guerriera, così bella, così umana, così tremenda e imprendibile.
Chissà chi sarebbe ora Maria Teresa e cosa scriverebbe avesse potuto intravedere la luce di teneri piccoli generosi affetti che pure doveva esserci se proiettava l’ombra…
Io sono un’illusa incorreggibile, ostinata infantile, totale.
Maria Teresa di Lascia da “Un vuoto dove passa ogni cosa”